“Noi normalmente annettiamo alla matematica la freddezza, la razionalità, l’ordine. Non è così. La matematica non è altro che la spiegazione del disordine. Ed è quello che io volevo fare raccontando questa storia” – L’equazione del cuore
Nel romanzo L’equazione del cuore, l’autore, Maurizio De Giovanni, si discosta dal genere giallo che tanto bene rappresenta, per mostrarci un altro lato della sua penna che sicuramente sorprenderà piacevolmente i lettori.
Come lui stesso afferma, il germe di questa storia non ha origine da un’idea improvvisa, dall’ispirazione del momento. A suggerirgli le vicende narrate, per quanto paia assurdo, è l’enunciazione della cosiddetta Equazione di Dirac che, spesso, dagli addetti al mestiere, viene definita la formula matematica dell’amore.
Conoscete quest’equazione? Io devo ammettere che me l’ero completamente scordata. Da qualche parte nella mia memoria questo nome riecheggiava, ma veniva fuori timidamente da un fitto banco di nebbia che copriva del tutto l’enunciazione. Per questo non mettetevi problemi se non la ricordate, la rispolvereremo insieme man mano che ci addentreremo nella trama del libro.
Il protagonista si chiama Massimo de Gaudio ed è un insegnante di matematica in pensione. Introverso, abitudinario e restio alle manifestazioni di affetto, passa le sue giornate cullato dal rumore delle onde e dal silenzio della solitudine.
Si è rifugiato sulla bellissima isola di Procida in seguito alla morte della moglie. Non sente la mancanza di una compagnia; lui è il migliore compagno per se stesso tanto da sentirsi quasi a disagio quando Cristina, sua figlia, decide di andarlo a trovare. Succede ogni estate, per pochi giorni; pochi ma abbastanza da far sì che il suo nipotino Francesco rimanga affascinato dalla figura raminga e a tratti bisbetica del nonno, al punto da ritenerlo il suo eroe.
“Petrini Francesco, detto Checco, sente nel cuore molti sentimenti, ma non saprebbe distinguerli l’uno dall’altro. Il pescatore è tutto quello che lui vorrebbe essere…qualche volta gli sorride, il pescatore: mai un bacio o una carezza. Ma quel sorriso, quel sorriso entra sotto la pelle di Petrini Francesco detto Checco, e va diritto in un punto sopra lo stomaco e lo fa tremare di orgoglio, di gioia e di tenerezza…”- L’equazione della colpa
Mi è piaciuto molto il personaggio di Massimo: coinvolgenti i suoi patemi d’animo, comprensibile il suo disorientamento. Lui è il protagonista della storia, ma non è il buono, l’eroe, la persona dalla quale prendere esempio. È un uomo accartocciato in se stesso, che non ricorda cosa significhi amare, tanto da trovarsi perfino fuori luogo quando gli si chiede di farlo.
“Si chiese per quale motivo non provasse dolore. Si chiese perché non fosse straziato, distrutto. Si chiese perché l’emozione più chiara che sentiva dentro fosse il fastidio di dover andare dove stava andando, di separarsi dalla sua quotidianità blindata“.
Stare li, al capezzale di suo nipote, inizialmente lo infastidisce. D’altronde lui quel bambino non lo conosce, e il suo essere in bilico tra vita e morte gli impedisce di tornare alla quotidianità della sua isola, che sa di sole e mare non di nebbia e convenzioni.
Un po’ atipico come nonno, non trovate? Atipico ma sincero, un uomo che non adatta il suo volto alla situazione, non si nasconde dietro a espressioni di facciata.
Il senso di colpa per non sentirsi abbastanza coinvolto nella vicenda logora il suo cuore. Deve fare qualcosa per il piccolo Francesco, tutti si aspettano questo da lui, ma cosa? Comincerà a parlargli sperando che la sua voce lo faccia uscire dallo stato di incoscienza in cui si trova; inizialmente gli verrà difficile, ma, lentamente, le parole fluiranno e, come le incognite delle equazioni che tanto ama, anche i sentimenti piano piano si sveleranno ai suoi occhi. La forza dell’amore irromperà come una valanga nella sua abitudinarietà, confondendolo. Sarà proprio la sua adorata matematica a salvarlo; ricordando l’enunciato della legge di Dirac si darà una spiegazione del perché di tutto quello che gli sta accadendo, facendo emergere quel legame nonno/nipote che non credeva esistesse.
“La spiegazione, lo vedi, è rigorosamente matematica. È tutto nell’equazione di Dirac, l’equazione del cuore. Perché noi siamo profondamente connessi e rigorosamente interdipendenti. Lo siamo per forza, perché nasciamo l’uno dall’altro, percorriamo le nostre strade eppure restiamo insieme… tu e io siamo lo stesso sistema”
Mi è piaciuta tanto questa evoluzione introspettiva del protagonista, questo suo perdersi e ritrovarsi davanti al vero motore che guida l’universo: l’amore. E mi sono ritrovata a sorridere man mano che la storia si sviluppava. Perché? Perché anche se questo è un libro altamente introspettivo, De Giovanni non ce l’ha proprio fatta a non inserirci un po’ di mistero. E infatti, mentre il piccolo Francesco giace su quel letto di ospedale, intorno a lui si muovono tutta una serie di figure che fanno sospettare al nostro professore che dietro quella vita appesa ad un filo ci siano troppi interessi. Non sarà facile scoprire quali e togliere le maschere ai vari volti che lo osservano, aspettandosi da lui una qualunque mossa che possa salvare l’azienda di suo genero dal tracollo finanziario.
“Si trattava in fondo di dati che si disponevano l’uno accanto all’altro come i dati per svolgere un problema, e lui non aveva mai lasciato un problema irrisolto. Non avrebbe cominciato adesso” – L’equazione del cuore
Quello che accadrà lascio a voi scoprirlo. Solo una cosa voglio che sappiate: non aspettatevi un finale risolutivo, rimarrete delusi. Per il resto sono sicura che leggerete con piacere questo libro le cui pagine scorrono veloci e fluide come i pensieri dell’autore. Buona lettura.